Intervista: Talking About 2019 At the roots of Luxury
Conduce: Nicoletta Polla-Mattiot, direttore “How to Spend It” e “IL” del gruppo editoriale “Il Sole 24 Ore”. Ospiti: Stefano Zecchi, filosofo e scrittore; Marco Turinetto, professore e ricercatore universitario.
Nicoletta Polla-Mattiot: Nel teatro di Rimadesio in collaborazione con How to spend it, Sole 24 Ore, parliamo di lusso, delle radici del lusso e di come i numeri diventano esperienza, di come forse il lusso fa molto più parte, ormai non soltanto del nostro immaginario, ma del nostro quotidiano e di come entra a vari livelli nell’esperienza di tutti.
La parola lusso ha avuto storicamente tante definizioni diverse, più facile è inquadrarla da un punto di vista numerico. In termini di consumi e in riferimento al 2018, sono 425 milioni i consumatori di prodotti di alta gamma nel mondo che hanno speso circa 920 miliardi. La previsione è che nei prossimi 5-6 anni si abbia una crescita costante del 4 – 5%. Al di là dei singoli settori merceologici si evidenziano due tipologie di lusso separate da un netto distacco nella crescita: il lusso cosiddetto esperienziale subisce un incremento molto più importante del lusso personale.
Si potrebbe quindi dire che il prodotto è Storytelling, che il lusso è esperienza e storia, è racconto di qualcosa che non è imputabile al singolo oggetto. Introduco i miei ospiti e i loro libri: Stefano Zecchi autore di “Il lusso, eterno desiderio di voluttà e bellezza” e Marco Turinetto, che aprirà un altro capitolo in questo dibattito, con “il lusso necessario”.
NPM: Professor Zecchi il compito più difficile lo do a lei, riesce a darci una definizione sintetica del lusso?
Stefano Zecchi: La parola lusso ha un doppia radice di significato, una è Lux e l’altra è Luxuria. Lux come sapete vuol dire luce quindi “intelligenza che rischiara” ciò che accade, ciò che ci circonda.
Mentre Luxuria è quel sentimento erotico non sempre controllabile che comunque ci appartiene.
NPM: Direi che abbiamo appena inquadrato quindi il termine. Ma se parliamo di lusso come concetto, esso non è un concetto fermo nel tempo, è piuttosto soggetto a cambiamenti, ne ha subiti molti nel tempo, o sbaglio?
SZ: Diciamo così, è cambiata la percezione del lusso ma non l’idea del lusso. Il lusso è un’idea di bellezza che non cambia, quello che cambia è il modo in cui noi la rappresentiamo. Cito una storia antichissima di cui parlo anche nel libro che fa capire come la parola lusso venga articolata e compresa nel corso del tempo. Alcuni antropologi importanti come Marcel Mauss e Levi Strauss, studiarono il caso di alcune tribù che scomparivano misteriosamente, non per un’epidemia o una guerra, semplicemente sparivano … Indagarono il motivo della sparizione di queste tribù scoprendo e comprendendo il concetto di “dono per perdita”, ovvero: il capo tribù per far capire quanto fosse importante faceva un dono all’altro capo tribù che ricevendolo voleva mostrare a sua volta di non essere inferiore. Si generava così questo scambio di doni al rialzo, in cui quelli più lussuosi testimoniavano la maggiore importanza / potenza della tribù e del suo capo.
Questo portava all’esaurimento economico, diciamo così, di una delle due tribù che finiva per sparire o per essere acquisita dall’altra. Quindi il lusso diventava un dono fondamentalmente, il dono che testimoniava l’intelligenza, l’importanza e anche il gusto di un capo tribù rispetto all’altro. Questo modo di concepire il lusso non cambia nella storia. Sempre per tornare a una definizione molto rapida il lusso è sempre una ineguagliabile testimonianza di una bellezza preziosa, questa bellezza preziosa si chiama Luz e ha questa complessità. Il lusso è qualche cosa di intelligente, che fa comprendere un senso della vita. Il lusso finisce per coinvolgere emotivamente, sensualmente la nostra vita.
NPM: La dimensione del dono mi sembra molto interessante da sottolineare perché in effetti spesso il lusso si lega un concetto non tanto di dono bensì di merce, di acquisto, di investimento e così via… Quindi forse quello che viene alla luce è questa idea che il lusso ci sia nel momento in cui c’è un valore aggiunto. Come spesso succede anche su “how to spend it” dall’inizio della sua fondazione qui in Italia io mi diverto ad intervistare personaggi che nulla c’entrano con il mondo del design chiedendo spesso cos’è il lusso e le risposte più ricorrenti hanno a che vedere con il tempo: il tempo di fare, il tempo di godere, il tempo di leggere, il tempo di comprare, il tempo che serve per fare queste cose; questa dimensione del di più che si trova anche nei modi di dire comuni come “mi sono preso il lusso di” fare qualcosa. Allo stesso tempo ci scontriamo con un altro binomio facile “lusso / superfluo” e quindi mi rivolgo a Marco Turinetto che invece teorizza il lusso necessario, con una domanda inevitabile sul suo pensiero a riguardo.
Marco Turinetto: Parto dal tempo perché mi viene da dire che forse è l’unica cosa che non si può comprare, bisogna spenderlo bene e mi collego al tema della cultura. Diciamo che chi sa spendere bene probabilmente ha più cultura, sa cosa deve comprare e sa dare i valori di cui si parlava prima, a questo superfluo che forse diventa necessario, che forse abbiamo nella quotidianità come obiettivo. Mi ricordo che quando ero bambino – mi sono sempre piaciute le automobili – c’erano automobili che si chiamavano GT, Granturismo, CL ,Gran Lusso…
Il tema lusso già in quegli anni era presente e cercava di dare in più un qualche cosa, che può essere un prodotto o servizio, possibilmente benfatto. Insegno al Politecnico di Milano il design, l’estetica, la progettazione ed ecco parlando dei prodotti alto-di-gamma io uso spesso questa parola per far riferimento a una ricerca, quindi ad investimenti in ricerca. Del resto ci troviamo da Rimadesio che è proprio un esempio di azienda nella quale si fa ricerca e si da al consumatore insieme al prodotto anche il background legato all’approccio ad una progettazione ben fatta.
NPM: Il lusso può anche essere respingente, può creare distacco. Se c’è una cosa difficile nel raccontarlo e qui parlo appunto anche di una difficoltà che riscontriamo quotidianamente, è quella di renderlo accogliente, confortevole, non distante e freddo. Tu Marco parlavi di progettazione, è progettabile tutto questo? E come?
MT: Alla base di tutto c’è sempre un progetto concreto e il risultato può essere come nel caso in esame un oggetto o un servizio. Faccio un esempio non specifico ma che mi aiuta a definire ciò che intendo: noi abbiamo sempre venduto le case a metro quadro, poi si è passati a venderle a corpo. I metri quadri passano in secondo piano se la casa ha una bella vista. Con la vista sto quindi vendendo uno spazio immateriale fuori dallo spazio che l’acquirente è interessato a comprare.
Se pensiamo quindi che lo spazio ha 3 dimensioni, un’altezza e dei volumi, potremmo in futuro vendere le nostre case a metro cubo? Nuovi punti di vista nella progettazione generano un’esperienza. Questa esperienza, sempre più presente quando si parla di progetto e di prodotti altodi- gamma, è tanto più apprezzabile quanto è più alto il livello di cultura di chi ne fruisce.
NPM: Stiamo andando nella direzione dell’immateriale, stiamo riscoprendo la dimensione dell’esperienza, il valore del tempo dedicato a fare una cosa, a concretizzarla, a lavorarci con le mani, a esperire con le mani, coi sensi, con gli occhi. E allora professor Zecchi quanto c’è di materia nel lusso?
SZ: Facciamo un passo indietro perché per arrivare a questo bisogna capire che il lusso comunque lo si voglia vedere declinare storicamente, materialmente o immaterialmente, è sempre legato alla bellezza. Una cosa di lusso non può non essere bella, e questo a mio parere è il primo principio su cui riflettere. Il secondo è questo: noi sappiamo cos’è bellezza? Se non sappiamo cos’è la bellezza non riusciamo ad arrivare alla comprensione culturale del lusso. Anche le persone forse più colte alla domanda “che cos’è la bellezza?” Potrebbero rispondere “Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”. E cos’è che ci mette nella condizione di comprendere cosa sia il lusso? L’educazione estetica. Che cos’è l’educazione estetica? È tanto complessa quanto la comprensione della realtà del lusso, materiale o immateriale, perché materiale è la comprensione di un oggetto bello, e immateriale è la comprensione di un’esperienza. L’educazione estetica porta a comprendere cosa sia bellezza, ad affinare il gusto. Bellezza non è la nostra visione soggettiva del bello, esistono delle condizioni per comprendere cosa sia bellezza quindi comprendere cosa sia lusso.
Il lusso non è soltanto una cosa costosa, certamente costa ma non necessariamente ciò che costa è lusso, come si può quindi distinguere cosa è lusso da cosa non lo è? Attraverso quella cultura che ci consente di comprendere cosa sia l’educazione estetica, che è qualche cosa di spesso inaccettabile culturalmente, perché l’educazione estetica ti insegna a fare delle differenze e le differenze sono situazioni che la nostra cultura, diciamo pure democratica, tende invece a mettere sullo stesso livello, sullo stesso piano. La bellezza è sempre una determinante iterazione della differenza; di quello che vedo attraverso la comunicazione, di quello che sento attraverso la comunicazione.
NPM: Mi viene da dire una cosa molto più ovvia rispetto a quella che dice il Professore ed è che forse in Italia un po’ sull’educazione estetica partiamo avvantaggiati perché siamo circondati e cresciamo con tanta bellezza. Non a caso quando si parla di Made in Italy si parla di un Brand. C’è bisogno di un’educazione al bello più che mai oggi ma il fatto di essere italiani non è forse un motivo grosso di orgoglio o comunque di facilità nell’ambito del design?
Basta saper capire quali sono le differenze e questo grazie anche a una cultura che consente di capire cosa sia l’educazione estetica. La nostra modernità ha sempre visto nella bellezza qualche cosa di negativo. La bellezza è contro la modernità. Se ad esempio parlo di geni come Picasso come Kandinsky oppure prendo un testo musicale come quello dodecafonico di Schönberg non posso dire che si tratta di opere belle. Di un quadro astratto di Kandinsky non posso dire che è bello. La bellezza scivola via dal giudizio estetico nella modernità. Ho bisogno di un altro giudizio, di un’altra forma su cui basare il giudizio estetico che in questi casi citati è lo sperimentalismo delle forme. L’arte in epoca moderna pensa che questo giudizio sulla bellezza sia superfluo. Non si può dimenticare che per almeno 4000 anni circa la formazione dell’uomo non solo occidentale, di qualunque realtà del nostro pianeta, era un’educazione estetica; era la bellezza dell’arte che raccontava il senso del mondo
Città come Venezia, Atene o Parigi da cosa sono raccontate se non dalla bellezza? Senza la bellezza nulla le può raccontare. Allora perché geni come Picasso, Kandinsky, Schönberg, come Joyce, finiscono per comprendere che la bellezza non è più la testimone vera della loro opera? Perché nella loro epoca il sapere diventa scientifico e il sapere scientifico disloca il senso della verità che, sempre metafisica, non è controllabile, non è misurabile nella validità che invece è misurabile e quantificabile. Ecco perché noi abbiamo una difficoltà estrema a capire cosa sia bellezza. È decisivo conoscere la bellezza per capire cosa sia il lusso. Perché torno a dire, altrimenti il lusso diventa qualche cosa che è pura semplice acquisizione attraverso il denaro. Questo spiega anche la demonizzazione del lusso
NPM: Lo sguardo del filosofo cambia prospettiva. In pratica quello che il professore Zecchi ci ha detto è che l’attuale società, quella in cui stiamo vivendo, è quella che fatica di più a comprendere il senso della bellezza e se volete, è un concetto abbastanza paradossale trovandoci in un momento storico in cui si vive mettendo like sui social network. Dire “mi piace” e “non mi piace” è una delle cose che facciamo di più durante il giorno. Tornando al made in Italy però, Marco Turinetto, io so che sul tema tu fai dei distinguo, e questo forse si ricollega ai discorsi che stiamo facendo. Perché non ha solo senso parlare di Made in Italy secondo te?
MT: Io in un libro ho scritto “From Italy” che mi sembrava più corretto, anche se non nella lingua italiana, perché faceva intendere tutto ciò che dall’Italia va nel mondo. Noi italiani abbiamo un gusto estetico, la cultura, un sapere che va dalla forgiatura dei materiali, e quindi dei manufatti, fino a creare dei veri e propri sistemi. In tutti i settori merceologici e in ogni azienda, dove ci sono il design, l’estetica e il gusto del bello, c’è come minimo un italiano che fa un po’ da direttore d’orchestra. Questo “From Italy” ci permette quindi di avere tantissime produzione in Italia di Marchi molto noti nel mondo.
Il lusso oggi è in gran parte il risultato di partnership che permettono alle aziende di condividere saperi, innovazione tecnologica e progettazione. From Italy racconta la dimensione dei marchi stranieri che sono a conoscenza del valore aggiunto che possono trovare lavorando con le aziende Italiane. Fare sistema ha come obiettivo la costruzione di un prodotto sempre all’avanguardia nelle sue parti materiali e immateriali. Il tema della formazione diventa uno dei temi fondamentali: divulgare il sapere, saper progettare, produrre ad alto livello cose ben fatte.
NPM: Finora abbiamo parlato del lusso più dal punto di vista del consumo quindi di chi lo fruisce. Tu Marco hai fatto un discorso interessante che mi sembra valga la pena di riprendere. Oltre al tema già affrontato dell’educazione all’estetica esiste anche il tema della valorizzazione dei mestieri, del saper fare (un valore tipicamente italiano). Non abbiamo soltanto bisogno di scrittori, poeti o top manager, esiste una filiera del fare che va preservata e il lavoro manuale è la caratteristica del sistema Italiano che ha ancora in alcuni segmenti – tu parlavi di distretti, l’area della moda e del design – tutti i passaggi di produzione sul territorio. Questo è un valore veramente specifico e caratteristico dell’Italia che poi consente di produrre eccellenze e anche pezzi iconici quali sono quelli di cui parlate entrambi nei vostri libri, per citarne uno Ferrari, un’icona italiana. Dicevamo quindi, abbiamo molto potere di scelta ma ci sono Brand che sviluppano un’identità così forte e così riconoscibile da assorbire come proprio anche ciò che appartiene ad altri mondi. Oltre alla progettazione quindi c’è anche un design del brand?
MT: Parlando di aziende in Italia e business 2 business forse l’unico limite che abbiamo noi è economico. Ogni azienda avrebbe bisogno di un investitore. Il rischio è di essere bloccati e non poter progredire per limiti economici che potrebbero essere risolti vendendo ad altri.
Mi rendo conto che questo è un tema molto dibattuto, ma se l’intelligenza nella progettazione rimanesse la stessa aggiungendo a questa la possibilità di iniettare denaro che ci permetta di fare più ricerca e quindi prodotti più evoluti, forse non sarebbe così sbagliato. Ciò invece che appartiene all’identità del brand rimane iconico in Italia e all’estero.
NPM: L’Italia è assolutamente il Paese a tutt’oggi leader del lusso mondiale per numero di aziende, ma le loro piccole dimensioni costituiscono un problema in termini di esportazioni nel mercato globale altamente competitivo.
MT: Certamente noi abbiamo un gran numero di aziende molto note nel mondo, soprattutto nel settore del design, che pur essendo di dimensioni molto ridotte restano iconiche, hanno show-room bellissimi e investitori che le scelgono per le proprie abitazioni.
Questo pensiero del “tutto qui” che si genera quando ne scopriamo le reali dimensioni è indice di una grande bravura nel fare le cose ed essere internazionali.
NPM: Io ho iniziato con dei numeri e poi abbiamo divagato su temi che ci hanno portato nella storia nella poesia e poi di nuovo invece nei meccanismi produttivi. Mi piacerebbe esplorare un’ultima sfaccettatura del lusso che non abbiamo ancora considerato: la differenza tra qualità e quantità. Forse l’acquisto di qualità per concretizzarlo è quello che dura, che richiede un grosso investimento, ma che in termini anche ecologici non va nell’accumulo? Chiederei a entrambi se questo distinguo qualità / quantità ha un senso rispetto alle cose che abbiamo detto fino ad ora.
SZ: La qualità è un fatto metafisico, fondamentalmente di tipo culturale. Io devo essere educato per comprendere la qualità di una cosa. La quantità invece è apparentemente un problema scientifico complesso ma in certi casi è assolutamente elementare: so contare fino a un milione e quel milione sono i soldi che io ho, quindi la distinzione è decisiva. Tutto ciò che riguarda la bellezza, il lusso, il come (forma preziosa della bellezza) è un fatto di qualità. Poi certo le cose belle che sono lussuose costano però il costo di per sé su una cosa che è lussuosamente bella ha un significato che è diverso dalla quantità di denaro che io posso genericamente investire.
MT: Aggiungo alla quantità e qualità un’altra parola: durata, uno dei temi enormi di oggi grazie alla tecnologia. Quanti prodotti noi andiamo ad annoverare oggi nel settore del lusso che sono tecnologici e hanno una obsolescenza pazzescamente ridotta. Compriamo qualche cosa con un valore che ci viene proposto e che noi probabilmente accettiamo e nel giro di pochissimo tempo questo prodotto non ha più valore. Il tema durata lo si può collegare alla valenza economica. Una volta un prodotto di lusso era di qualità e aveva una durata. Oggi questo non è molto riscontrabile perlomeno su certi prodotti; la tecnologia stessa ha cambiato molto la valenza della durata fornendo un’idea del lusso basato proprio sulla non durata.
NPM: Abbiamo parlato di qualità, di quantità e di durata. Aggiungo un’ultima cosa che mi sta molto a cuore tra le parole chiave che abbiamo elencato per andare alle radici del lusso: mani. C’è una frase che cito spesso di uno psicanalista che amo molto che dice “Si può sognare con le mani”. Credo che occupandoci di lusso, e non soltanto di quello che si vede del prodotto finale, questa possibilità che ognuno di noi ha di sognare con le mani, riassuma tanti dei concetti che abbiamo espresso.
Nicoletta Polla-Mattiot
Guida l’edizione italiana di How to Spend it, il magazine nato dalla partnership con Financial Times, e la nuova struttura dei periodici del segmento lusso e lifestyle del Sole24Ore a cui fanno capo anche IL e 24Hours. Docente del Master di Interior Design e di Design Management della Business School del Gruppo24Ore.
Marco Turinetto
Docente e ricercatore presso il Politecnico di Milano con cattedra in Strategie e Sviluppo del Brand e visiting professor alla Tongij University di Shanghai dove tiene workshop su Italian Style. Sempre al Politecnico di Milano è direttore del corso di alta specializzazione Licensing per i Beni di Lusso, polo di formazione sul licensing alto di gamma, unico nel suo genere. E’ docente del Master Lusso della Business School del Sole24Ore. Idea e coordina EXTRA (Value as Attitude), centro ricerca in cui vengono studiate e sviluppate nuove strategie di marketing-design per valorizzare, posizionare e riposizionare brand nel segmento alto di gamma. E’ direttore del master internazionale “Brand & Product Management” presso MFI, consorzio inter universitario fondato da Università Bocconi, Università Cattolica, Politecnico di Milano. E’ autore di numerose pubblicazioni fra cui: Dizionario del design (1993); Automobile. Glossario dello stile (2001); Moda e Design: nuove trasversalità progettuali (2002); Lusso Necessario. Trasformare prodotti e servizi in alto di gamma (2008); Nuove Tradizioni: metodologia, stile, coerenza (2008); From Italy: l’unicità del saper pensare e fare italiano, (2012).
Stefano Zecchi
Scrittore, professore ordinario di Estetica presso l’Università degli Studi di Milano. Ha ricoperto molti importanti incarichi, tra i quali: Presidente del corso di laurea in Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, consigliere d’amministrazione del Piccolo Teatro di Milano, Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera sempre a Milano, membro del consiglio dell’Irer (Istituto per la programmazione scientifica e culturale della Regione Lombardia), rappresentante del Ministero della Pubblica Istruzione presso l’UNESCO per la tutele dei Beni immateriali, consigliere comunale a Venezia e assessore alla cultura a Milano, consigliere d’amministrazione del MAXXI (Museo dell’arte del XXI secolo), consigliere d’amministrazione della Fondazione La Verdi di Milano, consigliere d’amministrazione del teatro Parenti di Milano. Tra le sue numerosissime pubblicazioni, ricordiamo: Sillabario del nuovo millennio (1993), Il brutto e il bello (1995), L’artista armato (1998), Capire l’arte (1999), L’uomo è ciò che guarda. Televisione e popolo (2005), Le promesse della bellezza (2006); Lusso (2015).